“Il rock è morto!”, come la televisione tentò di fermare il rock & roll

Gli anni ’80 furono un periodo travagliato per la musica rock e spesso vengono descritti dalla famosa frase “Il rock è morto!”, pronunciata a più riprese da artisti molto diversi tra loro.

A cambiare in quegli anni è il modo di vedere gli artisti: edonismo e culto della personalità diventano un problema sociale, legato anche all’esplosione del canale tv MTV, dove l’immagine vince sulla sostanza.

Questi sono gli anni delle pettinature sfarzose, laccate e cotonate, dei vestiti dai colori sgargianti, che vedono sbocciare nuovi generi musicali come rap ed hip-hop in un mondo della radio dove la dance è sempre al primo posto. La guerra in Vietnam già appare lontana e iniziano a sparire le canzoni rock ricche di significato per lasciar spazio a testi più superficiali e conformisti.

Nonostante il rock passi in secondo piano nei media, sono molti i gruppi musicali che continuano a crescere e ad avere successo.

Primi tra tutti i Dire Straits, band già attiva nei ’70, i quali raggiungono l’apice della loro carriera con l’album “Brothers in Arms” del 1985 grazie ad un rock semplice, chiaro e melodico basato su testi strutturati, creati per raccontare una storia con una canzone. Le loro canzoni più famose sono “Sultans of Swings”, “Walk of Life” and “So Far Away”.

Durante tutto il decennio, il rock perde d’identità e finisce per mescolarsi con pop, dance e altri generi per riuscire a trovare un posto nelle classifiche di vendita o per accontentare le grandi etichette discografiche.

In questo periodo, Prince è l’unico artista che riesce ad aggirare le regole e, con il suo album “Purple Rain”, diventa un’icona del rock nonostante il suo essere afro-americano.

In America, è il cosiddetto “Heartland Rock” a ottenere il successo maggiore: è il genere che parla alla “working class” degli Stati Uniti, caratterizzato da melodie semplici ricche di richiami alla vita lavorativa e sociale di tutti i giorni.

Bruce Springsteen, che ne è l’alfiere finirà per pubblicare numerosi album nel decennio ’80-’90 tra i quali gli splendidi “The River” e “Nebraska”. Il suo successo è strepitoso e lo porta a vendere oltre 15 milioni di copie con il singolo “Born in the U.S.A”, con il quale esplode anche a livello internazionale.